Ti è mai capitato di rimandare qualcosa di importante – una mail, un progetto, persino un piccolo impegno – e poi sentirti come se avessi deluso te stesso? È una sensazione che molti conoscono fin troppo bene. Da psicologo, ho visto quanto la procrastinazione possa intrecciarsi con il modo in cui ci percepiamo, minando silenziosamente la nostra autostima. Non è solo una questione di tempo perso: è un dialogo interiore che può raccontare molto su chi siamo. Oggi esploreremo insieme come la procrastinazione influisce sulla nostra autostima, con un po’ di leggerezza, perché sorridere di noi stessi è già un passo avanti.
Quando rimandare diventa un peso emotivo
La procrastinazione non è solo un’abitudine: è un’esperienza che lascia tracce. Hai presente quel momento in cui scegli di scorrere il telefono invece di affrontare un compito? Sul momento può sembrare una piccola tregua, ma poi arrivano i sensi di colpa, l’ansia, e magari quel pensiero: “Perché non riesco mai a farlo?”. E’ un segnale di come il rimandare possa diventare una lente attraverso cui ci giudichiamo.
Non è pigrizia, o almeno non sempre. Il nostro cervello è progettato per cercare conforto immediato, e rimandare un compito difficile ci dà un sollievo temporaneo. Ma quando il sollievo svanisce, ci troviamo faccia a faccia con un’autocritica che può essere spietata. È un circolo che conosco bene, sia come professionista che come essere umano: procrastinare non è solo evitare un’azione, è anche affrontare il peso di ciò che pensiamo di noi stessi dopo.
Come la procrastinazione influisce sulla nostra autostima: la paura nascosta
Ti sei mai chiesto perché, pur sapendo che rimandare ti farà sentire peggio, continui a farlo? È una domanda che merita attenzione, e la risposta spesso si nasconde nella paura. Come la procrastinazione influisce sulla nostra autostima? Ce lo spiega bene Jane Burka, psicologa e autrice di Procrastination: Why You Do It, What to Do About It Now: temiamo di non essere all’altezza, di sbagliare, di non raggiungere un risultato perfetto. Questo perfezionismo ci paralizza, e così preferiamo non agire. Ma ecco il paradosso: non agire ci fa sentire comunque inadeguati. Capire come la procrastinazione influisce sulla nostra autostima significa riconoscere questo sussurro interiore che dice “non valgo abbastanza”, un messaggio che si amplifica ogni volta che rimandiamo. Non è una verità assoluta, però: è una storia che ci raccontiamo, e come tutte le storie può essere riscritta, magari con l’aiuto di qualcuno che sa ascoltare – uno specialista, per esempio.
Le piccole cose che contano (e che perdiamo)
Non serve procrastinare un progetto epocale per sentirne il peso. Anche rimandare una telefonata o un impegno banale può lasciarci con un senso di incompletezza. La psicologia ci ricorda che l’autostima si nutre di piccole azioni quotidiane: completare qualcosa, anche di semplice, ci fa sentire capaci. Quando invece lasciamo che queste occasioni scivolino via, è come se rinunciassimo a un pezzetto di fiducia in noi stessi. Albert Bandura, che ha studiato l’auto-efficacia, direbbe che è proprio questa percezione di controllo a venir meno, un rinvio alla volta.
Non è una caduta drammatica, ma un’erosione lenta. E il guaio è che meno ci sentiamo sicuri, più diventa difficile agire. È un ciclo che può sembrare scoraggiante, ma riconoscerlo è già un modo per iniziare a guardarlo con occhi diversi.
Si può cambiare questa storia?
Ecco la parte che forse ti interessa di più: c’è una via d’uscita? Non ti dirò che basta un trucco magico per smettere di procrastinare – non sarebbe serio, e la psicologia non funziona così. Però posso dirti che capire come la procrastinazione influisce sulla nostra autostima è un primo passo per allentare la sua presa. Non si tratta di diventare perfetti o di agire sempre subito (chi ci riuscirebbe?), ma di provare a vedere il rimandare per quello che è: un’abitudine, non un verdetto su di te.
Mark Twain una volta ha detto, con il suo sarcasmo pungente: “Non rimandare a domani ciò che puoi fare dopodomani”. Fa ridere, vero? Eppure c’è un fondo di verità: possiamo permetterci di essere umani. Se ti capita di procrastinare, prova a chiederti: “Cosa sto evitando, e come mi sentirei se lo affrontassi, anche solo un po’?”. Non c’è una soluzione unica, e a volte parlarne con chi ha gli strumenti per guidarti – come uno psicologo – può fare la differenza. Non è una ricetta, ma un invito.
Uno specchio per riflettere
La procrastinazione non è solo un ladro di tempo: è uno specchio che ci mostra come ci trattiamo. Influisce sulla nostra autostima non perché siamo incapaci, ma perché ci racconta una versione di noi che non sempre è giusta. Da psicologo, ti dico: non sei definito dai tuoi ritardi, ma da quello che scegli di fare con ciò che capisci di te stesso. Se questo tema ti tocca, se senti che c’è qualcosa da esplorare, considera di approfondire – magari con qualcuno che può accompagnarti in questo viaggio senza giudicarti.
E tu, che rapporto hai con la procrastinazione? Ti pesa o la accetti come parte di te? Pensarci su potrebbe essere il primo passo per cambiare prospettiva.
Dott. Marco Marchini Psicologo
Bibliografia e approfondimenti
Burka, J. B., & Yuen, L. M. (2008). Procrastination: Why You Do It, What to Do About It Now. Da Capo Lifelong Books. Link alla pagina dell’editore.
Bandura, A. (1997). Self-Efficacy: The Exercise of Control. W.H. Freeman. Link alla scheda sul sito APA.
The nature of procrastination: A meta-analytic and theoretical review of quintessential self-regulatory failure. Link